I tumori del cavo orale e dell’orofaringe, raggruppati insieme, sono il sesto tumore più comune al mondo. L’incidenza annuale stimata è di circa 750.000 casi all’anno, due terzi dei quali si verificano nei Paesi in via di sviluppo, con stime in aumento nelle prossime due decadi. I tassi di mortalità di questi tumori sono rimasti invariati (50% entro 5 anni dalla diagnosi). I fattori di rischio sono legati al fumo, all’assunzione di alcol e nei carcinomi dell’orofaringe all’infezione da HPV.
Il carcinoma orale a cellule squamose (oral squamous cell carcinoma: OSCC), che rappresenta il 95% di tutti i tumori del cavo orale, viene solitamente diagnosticato in uno stadio avanzato (stadio III e IV), associato a una prognosi peggiore. Se la malattia viene identificata in stadi più precoci (stadio I o II), il tasso di sopravvivenza globale a cinque anni è superiore all’80%. Il cancro orale viene solitamente diagnosticato sulla base di una biopsia incisionale che richiede un approccio chirurgico invasivo e può non essere effettuato routinariamente da tutti gli operatori sanitari che si occupano del cavo orale. Il ritardo di una diagnosi corretta ha un impatto sul tasso di sopravvivenza di questi pazienti, poiché questi tumori crescono molto rapidamente. Pertanto, lo sviluppo di metodi non invasivi di facile interpretazione per individuare precocemente le lesioni maligne e premaligne orali è una strategia di sicuro interesse per ridurre il peso socio-economico del cancro orale.
Sebbene la cavità orale sia facilmente accessibile per l’esame visivo, diversi fattori limitano l’identificazione e il conseguente trattamento precoce degli OSCC. L’attuale approccio per lo screening e l’individuazione degli OSCC è l’esame visivo e la palpazione durante un esame intra-orale da parte di professionisti nel settore otorinolaringoiatrico, odontoiatrico o maxillo-facciale nel corso di visite di routine. Tuttavia, questa lesione maligna non è facile da identificare nelle sue prime fasi e spesso sfugge al paziente e al professionista perché asintomatica e difficile da distinguere rispetto ad altre lesioni di origine benigna. Di conseguenza, ancora oggi due terzi dei casi vengono diagnosticati in fase avanzata (stadio III-IV), ovvero quando le lesioni infiltrano gli strati profondi e possono metastatizzare a livello dei linfonodi del collo. In casi avanzati, purtroppo, il tasso di sopravvivenza diminuisce significativamente e per curare la malattia diventa necessario un intervento chirurgico radicale e spesso mutilante in un’area sensibile da un punto di vista estetico e funzionale come la regione testa-collo, con una significativa perdita della qualità di vita del paziente.
Analisi genetiche ed epigenetiche possono concorrere all’identificazione di queste lesioni già nelle primissime fasi del processo di cancerogenesi. In particolare, è stato dimostrato che le modificazioni a livello della metilazione del DNA (5-metil citosina) di alcuni geni coinvolti, sono già presenti nelle displasie di grado lieve, moderato, severo, oltre che nei carcinomi. La caratterizzazione di queste alterazioni partendo da cellule della mucosa buccale prelevate con un protocollo assolutamente non invasivo, aumenta enormemente il potenziale diagnostico, finalizzato all’intercettazione dei pazienti affetti negli stadi più precoci (I e II).